Il piccolo centro del Sulcis offre una vasta gamma di prodotti alimentari tipici della cultura del territorio e alcuni di questi sono noti anche a livello internazionale, come ad esempio il vino prodotto dalla cantina sociale. La cantina di Santadi, nata nel 1960, è divenuta un’importante produttrice di vini sia a livello nazionale che internazionale.
Si producono 14 vini differenti, di cui 8 rossi, 1 rosato, 4 bianchi e uno dolce da dessert, ma degno di nota è sicuramente il Carignano, che contraddistingue la produzione dalle altre cantine dell’isola. La vigna, come elemento antropico che caratterizza il paesaggio rurale, esprime la sintesi tra la terra e l’uomo. Gli elementi narrativi evidenziati da questo elemento vertono sulle tematiche legate alla coltivazione della vite, con un approfondimento sul piede franco e sulle altre tecniche di coltivazione della vite, sulle varietà coltivate sul territorio, sulle modalità di progettazione e cura della vigna e sui moderni processi di vinificazione.
Il comune di Santadi si trova nella Sardegna meridionale, precisamente nel Basso Sulcis, a Sud-Ovest del Capoluogo sardo dal quale dista circa 60 Km.
Il territorio si estende per 115,59 km2, e comprende anche le frazioni di IsCattas, Is Sabas e Terresoli; confina a nord con Nuxis (CI), a est con Assemini (CA), Villa San Pietro (CA) e Pula (CA), a sud con Teulada (CA) e a ovest con Piscinas (CI) e Villaperuccio (CI).
Si tratta di una porzione centrale dei rilievi dell’Iglesiente, tagliati trasversalmente dalla vallata del rio Mannu (denominato anche rio di Santadi), che scorre da oriente a occidente per gettarsi nel lago artificiale di Monte Pranu, e quindi nel mare a sud di Sant’Antioco. Circa 50 km2 di territorio comunale sono occupati da un fitto bosco di lecci, fillireee, sughere, ginepri, infoltito e talvolta sostituito da un impenetrabile sottobosco di corbezzoli, lentischi, eriche, cisti, mirti, agrifogli e altre essenze tipiche della macchia mediterranea.
Santadi è diviso dal rio Mannu in due nuclei situati 107 e 135 metri sopra il livello del mare, nella pianura di Palmas, in una zona assai produttiva e ricca di boschi sfruttati per la produzione di carbone vegetale. Il paese che al 2009 contava 3.636 abitanti, è collegato tramite una piccola bretella di 3 km di strada alla statale 293 Giba- Siliqua; strade minori si diramano a nord verso Nuxis, a est verso Assemini, a sud verso Teulada. Il territorio comunale di Santadi presenta un patrimonio boschivo straordinario, a pochi chilometri dal centro abitato si estende la foresta di San Pantaleo che occupa una superficie di 3.939 ettari ed è inclusa all’interno dei comuni di Santadi e Nuxis. La zona è quasi totalmente coperta da boschi caratterizzati da alberi secolari, querce, filliree, sughere e lecci.
Tutta la zona è ricca di sorgenti e di uno straordinario sottobosco ricco di funghi. Il bosco ha consentito la sopravvivenza del cervo sardo e del daino che vengono protetti per assicurarne la continuità della specie. L’intero territorio comunale è ricco di grotte e cavità, che per la diversità delle condizioni geologiche hanno determinato grandiosi fenomeni carsici. Le più importati sono le grotte di Is Zuddas, che costituiscono uno splendido scenario sotterraneo creato dall’incessante azione dell’acqua, originatosi a partire da circa 600 milioni d’anni fa. La grotta, ancora in attività consta di diverse sale, ognuna delle quali si distingue e si differenzia per le particolari caratteristiche delle concrezioni.
Il centro urbano ha probabilmente origini altomedioevali legate all’arrivo dei Mauri dall’Africa nel secolo V d.C. Apparteneva al giudicato di Cagliari ed era incluso nella curatoria del Sulcis; in seguito alla caduta del giudicato, nella divisione del 1258, fu incluso nei territori assegnati ai Della Gheradesca, e successivamente, nella divisione che pochi anni dopo i due rami della famiglia fecero tra loro, fu assegnato al conte Ugolino. Alla fine del secolo XIII i figli del conte ne persero la disponibilità a causa della guerra che scatenarono contro il Comune di Pisa, così Santadi prese a
essere amministrato dal comune toscano. Subito dopo la conquista aragonese venne concesso in feudo a Gomita de Açen i cui discendenti, però, nel 1355, dopo la celebrazione del Parlamento, lo vendettero ad Arnaldo Aguilò che comunque non riuscì a entrarne in possesso.
Nel 1362 il villaggio e il suo territorio furono donati a Emanuele de Entença il quale ne perse la disponibilità allo scoppio della seconda guerra tra Mariano IV e Pietro IV; il centro abitato fu così occupato dalle truppe giudicali che lo tennero fino alla battaglia di Sanluri, anni nei quali il territorio fu ripetutamente devastato e cominciò a spopolarsi. Il paese fu infeudato al vescovo di Iglesias quando oramai la zona era quasi completamente spopolata, e quando la diocesi fu unita a quella di Cagliari l’arcivescovo iniziò a esercitarvi le funzioni giurisdizionali. L’arcivescovo venne formalmente investito nel 1754, e lo amministrò fino al riscatto dei feudi nel 1838; nel corso dell’Ottocento divenne il centro di una vasta area di ripopolamento nella quale si formarono i boddeus di Nuxis, Murdeu, Villaperuccio, Tirongis, Gutturu Ponti, Riu Siriddi, Terraseo, Tattinu,Perdedu, Isca Gessa, Su Benatzu. Nel 1821 fu incluso nella provincia di Iglesias e nel 1848 entrò a far parte della divisione amministrativa di Cagliari; nel 1853 fu costituito in comune e in capoluogo di mandamento, mentre tutti i suoi medaus divennero frazioni.
Nel 1859 fu incluso nella ricostituita provincia di Cagliari e a partire dalla seconda metà dell’Ottocento il suo territorio venne intensamente sfruttato per la produzione di carbone vegetale e per l’impianto di alcune miniere.
Il territorio comunale di Santadi presenta un ricchissimo patrimonio archeologico che documenta la ininterrotta presenza dell’uomo a partire dal periodo prenuragico.
Tra i siti più importanti di questo periodo troviamo la grotta di Su Pirosu, per la presenza, all’interno di essa, di un santuario ipogeico di periodo nuragico, e le grotte di San Paolo e Monte Maina.
Il territorio conserva molti nuraghi tra cui quelli di Arcu de Mesu, Cixiri, Conchilleddu, Cristu, de Is Animas, de Is Paras, de Magai, de S’Angioni, de Schisorgiu, Diana, Frassu, Is Pireddas, Is Pistis, Manigas, Mannu de Barrua, Marigas, Monticello, Muentinu, Niedda, Perd’e Fogu, Pimpini, Pintus, Santus, Sanna, S’Arriorgiu, Sa Serba Andria, Senzu e Sessini, alcuni dei quali in buone condizioni.
Nell’area comunale sono presenti inoltre alcune Tombe di giganti tra cui indichiamo quella di Sa Turr’e Fraigada, che si trova a Est del centro abitato di Santadi, in località Barrancu Mannu.
Il sito di maggiore interesse scientifico è quello della Fortezza di Pani Loriga che fu costruita nel sec. VII dai Fenici sopra una collina tabulare interessata da una preesistente necropoli preistorica a “domus de janas”. La fortezza si dirama in un’acropoli sopra un mastio che sfrutta le strutture del nuraghe Diana, una zona di abitazioni e un santuario. La necropoli punica è costituita da circa 150 fosse a cremazione arcaica e ha tombe a camera con accesso a “dromos” con gradini.
Santadi centro, conosciuto in passato come Santa Ada de Sulcis, rappresenta la parte urbana più antica; all’interno del centro storico, nella piazza Guglielmo Marconi è presente la chiesa parrocchiale di San Nicolò, molto antica e ricostruita nell’Ottocento; l’impianto è costituito plani metricamente da una navata unica mentre la copertura da volte a botte. Sulla grande piazza a giardino si affacciano anche alcuni palazzotti ottocenteschi e la chiesa della Madonna delle Grazie,
costruita nel secolo XV; quest’ultima ha un impianto a una sola navata e la facciata arricchita da un campanile a vela. In via Mazzini è presente la Casa museo ‘‘Sa Domu antiga’’, una vecchia casa dell’Ottocento che contiene arredi, suppellettili e utensili dell’Ottocento riferibili alla cultura contadina.
Il fabbricato degli inizi del ‘900 è stato restaurato e rispecchia tipologicamente la classica abitazione contadina ancora presente nel territorio del Sulcis. Anche i materiali e le tecniche costruttive sono quelli della tradizione locale, con i soffitti ad incannucciato legato con fili di palma nana ed il tetto sorretto da travi di legno e coperto con tegole “sarde”.
Il Museo Civico Archeologico di Santadi raccoglie reperti che provengono da località diverse rinvenuti nel territorio comunale e nel comprensorio del basso Sulcis. Sono il frutto di scavi sistematici diretti dalla Soprintendenza Archeologica di Cagliari ed eseguiti dalla Cattedra di Antichità Sarde del Dipartimento di Scienze Archeologiche e Storico Artistiche dell’Università di Cagliari, nonché dalla ricerca di superficie.